Dall’Unità al Novenario Religione. Esoterismo. Energia negativa prodotta sul piano evolutivo da Entità, Larve, Elementari e Geni. |
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Kundalin Gli adepti imparano da un guru come sprigionare la loro energia psicosessuale, simbolicamente rappresentata da un serpente avvolto alla base della spina dorsale (Kundalini). La forza deve raggiungere il centro energetico (chakra) più alto, quello cioè posto alla sommità della testa: solo così l'adepto sperimenta in se stesso l'unione del dio e della dea. Yoga Uno dei sei sistemi classici della filosofia indù, caratterizzato da notevoli esempi di controllo del corpo e da speciali poteri che si attribuiscono ai devoti pervenuti ai livelli più alti della meditazione. Lo yoga afferma la dottrina secondo la quale, praticando determinate discipline, è possibile giungere all'unione con l'oggetto di conoscenza. Jhwh—Geova Nome del Dio del popolo ebraico nella traslitterazione erronea dal testo ebraico masoretico. La parola consta delle consonanti JHVH o JHWH, e delle vocali del termine Adonai ( "mio Signore"). Quali fossero le vocali originali è argomento di dibattito, poiché, in base a testi come Esodo (20:7) e Levitico (24:15), era fatto divieto assoluto di pronunciare il nome di Dio, la cui trascendenza era assoluta. Tuttavia gli scribi, nella lettura, lo sostituirono con "Signore", trascrivendo così i segni delle vocali per questa parola nella struttura consonantica JHVH come memento per i futuri lettori. I traduttori dall'ebraico, non avendo compreso quanto avevano fatto gli scribi, lessero la parola come era scritta, interpretando i segni degli scribi come appartenenti al nome di Dio piuttosto che come l'avvertimento scritto a non pronunciarlo; ne derivò il termine "Geova". Il tetragramma sacro YHWH esprime il nome di Dio, che probabilmente in origine si sarebbe dovuto pronunciare come Jaweh o Yahweh, parola riconducibile alla radice del verbo "essere". infatti in un passo fondamentale del libro dell'Esodo (3:14) Dio si rivela a Mosè proclamando: "Io sono colui che sono", una proposizione che ha dato luogo a infinite discussioni in sede esegetica, ma il cui significato non appare comunque discosto dall'idea esprimibile compiutamente con le parole: "Io sono colui che è", nel senso che Dio definisce se stesso come entità reale e realtà suprema per eccellenza, che, nel contesto specifico dell'esodo del popolo di Israele dall'Egitto, rende manifesta la sua presenza di liberatore della sua gente dalla schiavitù. La tradizione israelitica considera illecito pronunciare il nome di Dio. Esso, a motivo dell'uso tipico della scrittura ebraica di non registrare le vocali, compariva nella redazione antica della Bibbia in forma consonantica come Yhwh, sostituito nella lettura con il termine più generico Adonai ("Signore"), in quanto soltanto il sommo sacerdote era autorizzato, una sola volta all'anno (durante la festa dello Yom Kippur), a pronunciare solennemente il nome ineffabile della divinità. Quando, nel VII secolo d.C., i dotti masoreti si accinsero a dotare di vocali i libri biblici per renderne più sicura la tradizione testuale, inserirono nel tetragramma sacro le vocali di "Adonai", dando luogo alla forma "Yehowah" che sta all'origine del nome Geova. Signore onnipotente e legislatore, Dio esige dal suo popolo un'assoluta fedeltà e un'obbedienza incondizionata alla sua legge, promulgata solennemente sul monte Sinai ai tempi dell'esodo e registrata compiutamente nei primi cinque libri della Bibbia, detti, per l'appunto, "Torah", "legge" in ebraico, ai quali si affiancano i libri profetici e gli altri scritti canonici. La vicenda storica del popolo di Israele è interpretata dalla tradizione ebraica secondo una prospettiva teologica, come luogo privilegiato dell'intervento di Dio, che assiste costantemente il suo popolo assicurandogli la salvezza di fronte ai numerosi e potenti nemici, in virtù dell'alleanza stabilita per l'eternità; la sofferenza, elemento costante nella storia degli ebrei fin dall'antichità, soprattutto dopo la vicenda drammatica della deportazione a Babilonia nel 586 a.C., è la conseguenza tangibile dell'infedeltà del popolo eletto ai precetti della sua religione e ai doveri dell'alleanza. Dio è comunque sempre disposto a rinnovare l'alleanza, risollevando gli israeliti prostrati dall'oppressione e infondendo loro nuove speranze. Jod undicesima lettera semitica |