A MIA MOGLIE
Lontano è il dì in cui ti facea la corte, eri ancor piccolina, lo rammenti? Insiem dicemmo di amarci forte e stavamo a parlare all'acqua e ai venti.
Io ero studentello e tu sartina; quando studiavo ti vedevo ognora e volevo che sempre a me vicina tu fossi, mia adorata e buona Aurora.
Or siamo sposi, poveri, lo sai, sebbene lavoriam da mane a sera, di rado siam felici e spesso in guai,
ma non è colpa mia, è cosa vera. Con tutto ciò io non ti scordo mai e aspetto anche per noi la primavera. |
PROEMIO «I MIEI VERSI AL VENTO»
0 versi miei che dopo spargo al vento vi leggo assai sovente e vi rileggo talvolta son di voi poco contento, che pessimi e meschini assai vi veggo.
Ben lungi sia da me la presunzione d'esser poeta, no, sono un maestro, passo le ore mie a far lezione e scrivo solo quando mi vien l'estro.
Ma se per caso il vento vi portasse in qualche altro luogo della terra, ricordatelo a chi non rammentasse: che non si faccia più nessuna guerra.
I popoli oggi vogliono la Pace, basta col sangue ognuno dice in coro allor vedremo splendere una falce simbol di civiltà, gioia e lavoro. |
SOLITUDINE
A volte solo sto coi miei pensieri, mi scordo tutto quanto m’è d'intorno, penso a' problemi complicati e seri rifletto e poi di botto in me ritorno.
Non vedo, quando passo quei momenti, niente che sia estraneo al mio pensare, non odo melodie, né lamenti e son contento di me sol trovare.
Penso al futuro della Patria mia, penso alla mia famiglia ed alla scuola, ma per tutti la sorte è tanto ria,
che il futuro pensar sol mi consola; lunga e spinosa penso sia la via e intanto il tempo corre, passa, vola... |
IL RICCO E IL POVERO
Un ricco disse a un povero una volta: che fai costì, cencioso, a rimirarmi? Vattene i ricchi sono gente colta, mangiano, spendono non fan risparmi.
Non vedo di che posso lo invidiarti, disse sommessamente il poverello, voglio solo una cosa consigliarti: non esser sì superbo, meschinello!
La morte, cosa giusta sola al mondo, trova le brutte case e i bei edifici, perciò se pensi bene, in fondo in fondo
non ti scordare di aiutar gli amici. Allor vivrai più lieto e più giocondo, le ore passeran per te felici. |
A BUTI
I pini che adornano i tuoi monti, gli olivi che ti rendono famoso, le acque fresche delle mille fonti, mi rendono ancor più a te affettuoso.
Di Buti son, lo voglio dire a ognuno, mi piaccion le sue case e la sua gente, le passeggiate alla fonte al Pruno, merende e donne nell'età fiorente.
Sebben lontano per la mia missione, sempre ti penso e sempre ti rammento, vedo le vie, le piazze, le persone e le rimpiango quasi ogni momento.
Non so se la fortuna a me sia ria da negarmi il piacer di ritornare; quando vecchio cadente allor io sia vi verrò certamente a riabitare.
Ti verrò a ringraziar d'avermi dato i natali, i parenti, i cari affetti, maledicendo che mi ha tormentato, procurandomi noie e mai diletti.
Prospera o Buti e sempre in alto vai, questo è l'augurio che ti voglio fare, lungi da te sempre dolori e guai e sii felice ora e a lungo andare.
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I MIEI MONTI
Non vi ho mai tanto desiderato, monti del mio paese, come ora che ne sono lontano. Rivedo i sentieri percorsi nella mia prima giovinezza, quando mia madre pensosa, non lungi mi seguiva nelle frequenti gite sulle vostre cime. Ricordo le gelide fonti, le cui acque discendono a valle formando il Rio Magno, che muove le pigre ruote dei frantoi e dei molini. Ricordo i pastori e i lor greggi, i carbonai e gli spaccalegna che a sera discendono il monte fischiando o cantando una vecchia canzone. Ricordo le gite chiassose con donne ed amici, l'aria fredda delle vostre vette e il vostro riposante silenzio all'ombra dei pini odorosi. Rivedo i cespugli e la tana dov'ero solito stare all'approssimarsi del nazi feroce, rivedo i lor volti sconvolti quando apparir ci vedean di sorpresa. Riascolto le grida di gioia che echeggiarono di valle in valle quando liberi fummo, o ci parve. Rivedo i falò immensi che salutarono l'alba del dì nuovo. Quanti ricordi! Monti del mio paese. Voi non siete pietra, siete un libro aperto sulle cui pagine verdi, io leggo la mia vita e quella di tanti uomini che vi bagnarono di sudore e di sangue.
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A UNA DONNA CUI VOGLIO BENE
bella, è bionda ed ha la bocca rossa, l'occhio e celeste ed il suo corpo snello, cammina svelta ed in ogni sua mossa mi ricorda un amore tanto bello.
Ride sovente, ma solo quel tanto che la rende più cara e affascinante, e per ognun credo sarebbe un vanto sceglierla come cara e buona amante.
Lavora e suda da mattino a sera, a casa torna stanca e si riposa, parla in maniera quasi un pò altera,
sa fare tutto: grande e picciol cosa. Ama l'estate e più la primavera ed in quella stagion pare una rosa. |
I MIEI SCOLARI
Simili a passerotti un pò irrequieti sono i miei bimbi della quarta B; non sono tutti bravi e diligenti, ma assai sinceri e affezionati a me. A volte quando fò la voce grossa, qualcun mi guarda con gli occhi lucenti, quasi implorando il mio pronto perdono. Ed ecco allor ritorna prontamente il sereno, perché sempre con loro so perdonare e amare, amare, amare.
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IL MARE
Bello, profondo, immenso, sei o mare, or verde, or grigio, ora turchino chiaro, sovente ti sto lieto a rimirare perché tanto mi sembri buono e caro.
Della grandezza immensa tu mi rendi l'idea di Colui che ti ha creato, quanti animali or grandi, ora stupendi trovano in te l'asilo desiato!
Mi piaci e t'amo, chiaro, azzurro mare, sia che tu rumoreggi tempestoso come se tutto volessi schiantare col moto tuo potente e impetuoso;
sia che mansueto e calmo resti, come donna gentil d'alto lignaggio, rendi felici i miei pensieri mesti, da te prendo vigore e ognor coraggio.
Con te solo restar vorrei più ore, sulle cerulee onde tue passare, e con l'amor che m'arde qui nel cuore, le lodi tue bellissime cantare.
Or me ne vado perché tarda è l'ora; da un pezzo dentro te si spense il Sole, il ciel di nero cupo si colora, mentre odo un suono lieto di mandole.
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D'INVERNO ALLA FINESTRA
Il naso contro il vetro s'è schiacciato sono nella mia stanza, alla finestra, guardo il passeggio sul suolo ghiacciato tenendo uno scaldino alla mia destra.
Vedo passar le donne con lo scialle, i bimbi hanno il visino tutto rosso, gli uomini si coprono le spalle, mentre gonfio e assai lento scorre il fosso.
Ma alfine stanco son di veder gente, guardo su in alto, sui tetti e camini e vedo saltellare solamente infreddoliti i poveri uccellini.
Velocemente mentre l'un si posa, l'altro con mossa rapida s'invola, tutti tengon nel becco qualche cosa, mentre da un gran camin la neve cola.
Alcuni stan sul fili della luce, il becco si puliscono per bene, a un tratto un gran rumore tutti induce a volar via, questo lor conviene.
Ma poi la calma torna nella strada, i passeri ritornano sui tetti, li guardo e poi ad uno dico: bada, vieni a scaldarti, non ti fò dispetti!
L'invito io assecondo col mio gesto, apro la mia finestra ed il balcone, ma quello non capisce e... via più presto vola veloce sotto un cornicione.
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Elidio Baroni |
NOTTE D'ESTATE
Di notte, quando il Sol nel Cancro sale, si senton per le vie dei mio paese canzoni e cori che non fanno male alle donnine d'animo cortese.
Son voci di robusti giovanotti che invocano la donna desiata cantando, con l'amor che ormai li ha cotti, le note di una lunga serenata.
Ad intervalli tacciono guardando in alto a un poverissimo balcone, ma lo vedono oscuro e sospirando qualcun mormora già nuova canzone.
Il canto allor riprende con gran lena, le voci ora son dolci, or roboanti, manifestando del lor cuor la pena d'amorosi sinceri, veri amanti.
Ma ella dorme ancor, no, forse ascolta; vorrebbe, ma non può baciarne tanti, la mamma è lì sull'uscio un'altra volta e pure lei ascolta quei bei canti.
La voce alfin si perde piano piano muore lontan, si sente solo il Rio e lei allungando al buio la sua mano mormora due parole: Amore mio! |